sabato 16 febbraio 2008

Se fossi nato sportivo...

Si vede che lo sport rende gli uomini cattivi, facendoli parteggiare per il più forte e odiare il più debole.
(A. Moravia)

Ormai sono passati più di sette anni, da quella dura, ma dovuta, decisione... Mi capita di ripensarci, quando guardo la partite del Barça in televisione, e di chiedermi se ho fatto bene o male ad abbandonare la pallacanestro giocata... Ripenso a quando provavo in prima persona l'emozione dell'attesa di quel momento in cui l'arbitro alzava la palla per la prima contesa, a come quella emozione cambiava nel corso dei successivi quaranta minuti e a come si trasformava nella gioia del trionfo o nella delusione della sconfitta. Nella maggior parte dei casi, delusione... Delusione nel vedere urlare mio padre, l'allenatore e tanta altra gente, facendomi capire che il mio non era talento incompreso, ma semplicemente incapacità sportiva. Delusioni tali che, anche quando la mia squadra vinceva, mi sentivo parzialmente escluso dalla gioia della vittoria, convinto che il merito non fosse mio, ma di gente più forte per cui parteggiavo.
Come sportivo, mi sono sempre visto nella sfera del più debole e forse ero arrivato ad un punto in cui iniziavo ad odiarmi. Forse è per questo che ho abbandonato lo sport di squadra. Forse è per questo che ora mi sento più a mio agio nel praticare sport individuali. Come il nuoto. Che oggi, dopo più di quattro mesi di inattività, ho ricominciato a praticare. Con i soliti dilemmi di quando uno si appresta ad iniziare una nuova sfida. Da solo. Di fronte al mio nemico: quella vasca lunga 50 m... Troppo lunga! Un volume troppo grande di acqua fredda che mi fa presagire a una nuova, ma già conosciuta, delusione. Un presagio costante, che mi accompagna almeno per dieci, o quindici vasche; ma poi... Poi senza neanche accorgermene, quell'acqua che credevo nemica, si rivela essere dalla mia parte. Una volta che trovo il ritmo giusto, quei 50 metri diventano solo una successione di bracciate: piccole bracciate non faticose, che pian piano mi portano alla meta prefissata delle cinquanta vasche che, fino a qualche istante prima, sembrava impossibile da raggiungere.
Una piccola sfida, quella di oggi alla piscina Sant Jordi, che mi obbliga a pensare a quella grande sfida, che ormai mi coivolge da tre mesi e mi vede ancora molto lontano dalla meta. Probabilmente, il segreto per vincere in questa seconda sfida sta sempre nel trovare il giusto ritmo: andare avanti, anche se costa fatica raggiungere il proprio obiettivo; ma senza bruciare le tappe, perchè procedendo veloce si consuma troppa energia. Trovare il ritmo giusto e procedere convinto che tra me e il mio obiettivo non ci sono nemici. Non ci sono nemici, non ci sono amici: ci sono solo io. Da solo. Come da solo, il maratoneta o lo scalatore riguarda la strada percorsa una volta raggiunto il traguardo. E da solo, vive la sua gioia, incapace di condividerla con chi non ha provato la stessa fatica.

Se fossi nato sportivo, forse questa cosa l'avrei capita molto prima... Se fossi nato sportivo, forse avrei più sicurezza nell'affrontare le mie sfide... Se fossi nato sportivo, forse a quest'ora sarei abituato a buttarmi nella mischia...
Ma se fossi nato sportivo, forse questa mia grande, grandissima sfida perderebbe tutto il suo fascino. Se fossi nato sportivo, forse a quest'ora non sentirei nessuna emozione nel vedere gente che parteggia per me... Per me, che una volta tanto mi vedo nella sfera del più forte.